martedì 22 novembre 2016

NAPOLI, UNA CITTA' ANCHE PER LAVORATORI AUTONOMI, FREELANCE, PRECARI

Peppe Allegri

La Coalizione 27 Febbraio – C27F composta da associazioni e movimenti che si occupano di lavoro autonomo, intermittente, precario e sottopagato – incontra il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e l'assessore al diritto alla città, alle politiche urbane, al paesaggio e ai beni comuni Carmine Piscopo. L'incontro si terrà giovedì 24 novembre, ore 18, a Napoli, presso l'ex Asilo Filangieri, in vico Giuseppe Maffei 4.

Le Carte del quinto stato

L'occasione è la presentazione della Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente, un testo scritto collettivamente dai molti soggetti della C27F che unisce le lotte per garantire dignità e diritti a figure del lavoro eterogenee: liberi professionisti, lavoratori autonomi iscritti alle Casse di previdenza degli Ordini o alla Gestione Separata INPS, parasubordinati, precari-e e intermittenti, soprattutto della retribuzione, ricercatori sempre più flessibili e temporanei, studenti al lavoro con i voucher, partite IVA con sempre meno commesse e fatture, etc.

Tutte e tutti accomunati dall’essere sostanzialmente privi di diritti sociali e previdenziali, spesso oggetto di iniquità fiscali, sempre più ricattati dal lavoro povero, con scarsa retribuzione, poche certezze nei pagamenti e praticamente nessun accesso ai servizi di Welfare. È il quinto stato, come lo abbiamo più volte raccontato e descritto in questi anni.

Il lavoro vivo e impoverito nelle città d'Europa

Per questo i princìpi della Carta e gli intenti della Coalizione sono quelli di mettere in collegamento e connessione soggetti diversi, che altrimenti non si parlerebbero e che invece condividono una condizione di esclusi dalle garanzie sociali di base, pur essendo il possibile motore di una nuova idea di lavoro e società: da chi lavora nei servizi al turismo, alla persona e nell'assistenza sociale, nelle attività culturali ed educative, a formatrici, docenti, ricercatrici, insegnanti, insieme con avvocati, ingegneri, psicologi e architetti in crisi con i propri ordini professionali, quindi grafici, traduttrici, archivisti, giornaliste, bibliotecarie, archeologi, operatori digitali, tecnici informatici, artigiani, consulenti e tutti i soggetti delle diverse forme di lavoro occasionale, intermittente, precario, spesso informale, temporaneo, flessibile.

E questa condizione di esclusione dalla cittadinanza sociale, eppure quotidiana immersione nelle mille attività, più o meno professionali o qualificate, per racimolare un reddito spesso neanche dignitoso, attraversa soprattutto le grandi città d'Italia e d'Europa, per questo diventa ancora più interessante parlarne a Napoli.

Primi tre punti per una sperimentazione metropolitana, sotto il vulcano di Napoli

Probabilmente ci sono tre temi contingenti alla Carta che potranno essere al centro di una discussione e contrattazione con l'amministrazione comunale di Napoli e con l'intera area metropolitana:

a) una tipizzazione del contratto di prestazione di lavoro autonomo per vedere rispettati soprattutto i tempi di pagamento dell'attività lavorativa ed evitare dilazioni temporali o commesse informali e non retribuite;

b) elemento che si ricollega alla necessità di condividere un equo compenso come base comune a partire dalla quale togliere qualsiasi alibi a prestazioni professionali e lavorative scarsamente retribuite;

c) quindi l'apertura di un laboratorio metropolitano intorno a quella che potrebbe essere definita come economia collaborativa, sociale, della condivisione e cooperazione sociale, in cui le reti digitali e immateriali possono incontrare reti territoriali e istituzionali di reciproco sostegno e promozione. Per rendere immediatamente operativa una cooperazione territoriale e immateriale di piattaforma dentro le maglie delle piattaforme digitali e tecnologiche.

E' un vasto campo di sperimentazione e applicazione della Carta che potrebbe assumere il valore di una buona pratica esportabile e condivisibile in altre municipalità e città, come segnale di innovazione sociale e istituzionale tra loro in dialogo.

Innovazioni sociali e istituzionali

Questo è il terreno di una possibile immaginazione sociale e istituzionale: l'incontro tra un'amministrazione locale sensibile e i molti soggetti del lavoro vivo e impoverito può diventare uno spazio pubblico cittadino di affermazione di una nuova idea di lavoro, impresa e società, a partire dalla valorizzazione dell'indipendenza personale e della solidarietà collettiva come motori di un più equo rapporto tra persone, istituzioni, garanzie sociali, territori, ambiente.

Magari proprio a partire da Napoli come città da sempre attraversata da soggetti di un lavoro informale, intermittente, sottoccupato, autonomo, precario, professionale o meno che sia, che dentro le politiche di austerity ai tempi delle crisi è sempre più ricattato dall'impoverimento e dall'insicurezza sociale.

Si tratta di trovare degli strumenti istituzionali negli enti locali e di prossimità per rifiutare una volta per tutte l'individualizzazione dei rischi (esistenziali, ambientali, sociali) e la solitudine metropolitana che abbandona le persone ai ricatti di malavita, paternalismi, esclusione, marginalità.

Ragionare su sperimentazioni locali di buone pratiche comunali/metropolitane – amministrative, di governo, semplificazione, incentivazione – in favore dei soggetti di quel lavoro autonomo, professionale e intermittente che è sempre più impoverito, a partire da una serie di possibili interrogativi:

- quali reti, infrastrutture, piattaforme, servizi locali per favorire e tutelare il lavoro indipendente e autonomo, soprattutto nei settori del sociale, turismo, cultura, formazione, istruzione, etc. come fattore di promozione individuale e territoriale e non come rischio di lavoro povero?

- si può tenere insieme rigenerazione urbana, riuso produttivo della città e condizioni favorevoli allo sviluppo di nuove imprese sociali e consorzi di lavoratori e lavoratrici autonomi e indipendenti, in chiave cooperativa e mutualistica?

- è possibile ragionare su “distretti culturali” innovativi, evoluti, nel senso che tengano insieme un ecosistema che dal lavoro autonomo più tradizionale (artigianale, del piccolo commercio, etc.) arrivi alle filiere dell'innovazione digitale e tecnologica nel risparmio energetico e tutela ambientale, nella valorizzazione turistica, dei servizi alle persone, nella formazione con scuole, biblioteche, palestre, associazioni, etc.?

- prevedere una prima rete di sicurezza sociale locale (promozioni economiche, gratuità di accesso a servizi e infrastrutture, etc.) a partire dai segmenti più fragili del lavoro intermittente, autonomo, indipendente?

Nuovi processi di autogoverno sociale e locale?

L'occasione napoletana può parlare ad una più vasta idea di città e società, avendo sullo sfondo la prospettiva di valorizzare ulteriormente l'uso sociale di spazi pubblici comunali anche in chiave di nuovi atelier metropolitani dove far incontrare il lavoro artigiano con FabLab, la piccola intrapresa con reti di coworking, associazioni di promozione sociale con imprese culturali, etc.

Per superare una visione istituzionale imposta dall'alto di centri per l'impiego scollegati dal tessuto sociale e produttivo, camere di commercio affaticate nel loro attraversare metropoli sempre più problematiche, camere del lavoro che faticano a comprendere la frammentazione sociale e la solitudine esistenziale delle persone, istituti scolastici che spesso devono svolgere funzione di assistenza sociale, sacrificando il lato di una condivisa crescita culturale e promozione individuale delle giovani generazioni.

È la sfida di un'idea di città in cui innovazione e inclusione sociale diventino operativi a partire dai soggetti del lavoro autonomo, intermittente, precarizzato, da sempre esclusi dalla tradizionale cittadinanza sociale, che dal cuore mediterraneo di Napoli potrebbe raccontare una via mediterranea e latina alla società che viene.


E come sembrano infinitamente lontane, da qui, le prospettive ingannevoli della città

Karl Löwith, sul Vesuvio, 1926

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